Le recensioni

TILLIE OLSEN

FAMMI UN INDOVINELLO

GIANO ED. - 139 pp. - 13.00 Euro

Le emozioni, - i torti e le ragioni, gli affetti e le incomprensioni - hanno il loro periodo e misura per esprimersi nel corso di una vita. Trascorso quel tempo sono come uno schiaffo prigioniero nella mano. Si sente quell?impressione di rinculo, frustrazione: ? ?troppo? tardi, anche se ? trascorso un battito di ciglia. E? passato, abbiamo lasciato sfilare il momento pressati da urgenze concrete, per ubbidienza o no alle convenzioni. E? qualcosa che incide e aiuta a formare il ricordo, di sostanza pi? raffinata e penetrante dell?occasione perduta che ci delude.

Tillie Olsen raccoglie in questi suoi racconti quella fase della vita in cui questo ricordo ci presenta il conto. Altrettanto la sua penna ? inevitabile, incide senza chiedere scusa.

Figura centrale ? la donna, i racconti sono occupati da figure femminili che coprono tutto l?arco della vita: una madre sola con la figlia in mezzo all?adolescenza; due ragazzine di dieci dodici anni vere protagoniste della parte femminile ed una anziana madre/moglie che non si rassegna a vivere gli ultimi mesi della sua vita nel rimorso e nell?attesa finale passiva.

Le due donne protagoniste del primo ed ultimo di questi racconti non hanno nome proprio. Forse perch?, in queste storie, quanto ? stato loro sottratto ? molto pi? del nome che gli ? stato dato, o per lasciar spazio a quel sostantivo ?mamma? che sembra usato per infilarle nell?unico corridoio possibile per sopravvivere.

Sono quattro storie femministe, al femminile che mi permetterei di suggerire a tutte le ragazze dopo i tredici anni. Femministe perch? schierate con la parte che la societ? ha voluto debole a forza di identificarla con la rinuncia, la privazione. Femminile, perch? in narrativa, a parte rarissimi casi, il modo di raccontare il pudore e scandagliare le sensazioni ? una capacit? legata alla donna.

Il gesto impulsivo, lo sbotto rabbioso, il desiderio di rivalsa, tutto ? filtrato da una matura cattiveria che si fonde ad una rassegnazione di chi si ferma davanti ai ferri del mestiere ( quello da stiro ? un manifesto, gli elettrodomestici ad intercalare nei dialoghi, i figli cresciuti e sfuggiti anche se avevano ancora bisogno di altro) e racconta dei propri fallimenti e ansie verso la prole; di soddisfazioni, arricchimenti e ideali ridotti a speranze da uccidere.

(?) E quando mai c?? tempo per ricordare, vagliare, soppesare, valutare, calcolare? Ogni volta che inizio, qualcosa mi interrompe e devo rimettere tutto insieme un?altra volta. oppure mi ritrovo sommersa da tutto quello che ho o non ho fatto, da ci? che doveva essere e ci? che non si pu? evitare (?). E? la mamma di Emily ? donna (la mamma) alla quale la societ? ha sottratto molto, tutto, fino a lasciarla in compagnia col ferro da stiro - che ricorda per telefono l?infanzia con la prima figlia e racconta della sua urgenza, negli anni, di imbastire giornate dignitose tra sussidi di assistenza e abbandoni. Condizione sociale e affettiva si alternano lungo la narrazione, si rincorrono; la prima mena colpi bassi alla seconda e provoca dolore a madre e figlia; ma mai Olsen si fa tentare da indulgenze. (buon per noi!!!)

"(?)non calcoler? mai tutto. Non verr? mai da lei a dire: ? stata una bambina che ha ricevuto pochi sorrisi. (?)" dice, ferma nel suo intento, la madre per telefono. E non chiede per s? neppure sconti o giustificazioni: "(?) ci furono anni in cui non voleva che la toccassi. S? ? tenuta troppe cose dentro?me ne sono resa conto troppo tardi."
Di tonalit? diverse ma allo stesso modo intense si colora il ricordo per il marinaio Withey. Come dopo ogni sbarco fa visita all?unico approdo che ha sulla terraferma: la famiglia che lo ha sempre accolto, ma ormai l?alcool lo rende inaccettabile e impresentabile. Alcolizzato apparentemente per riuscire ad andare con una prostituta ma: "(?) Ricordo. Ricordo troppo, davvero troppo, maledizione (?) Ora il corpo in sfacelo, il corpo che lo tradiva. E i ricordi da dimenticare, i sogni da soffocare, le disperate speranze da uccidere." E? la storia della fine di questa amicizia che nel suo svolgersi rievoca attraverso lucidit? e deliri di Withey quello che ? stata. Olsen, con tatto e sensibilit? affida alle parole della figlia adolescente Jeannie il delicato ma insostituibile ruolo di chi rifiuta questo ospite:

(?) Mamma ! ordina Jeannie e la spinge in cucina.

Cos?ha Helen? Mi guarda e si mette a piangere.

E? contenta di vederti. Brutto figlio di buona donna.

Cos?ha? Non ha una bella cera.

E poi, in cucina di nascosto da Withey: chiamo Marilyn e le dico di non venire. L?ultima pagina strazia il cuore, spinge ad entrare con la mano nella scena e richiamare Withey.

Carol invece non vuole accettare, a dieci anni, di staccarsi dalla sua amica perch? nera "Paialee colleziona qualcos?altro adesso. Tipo come quelli come lei. Tipo parole di strada e rhythm and blues.. Tipo insegnanti che la trattano da stupida e compagni di scuola bianchi che la trattano come fosse spazzatura?"? la figlia pi? grande, che ha gi? vissuto questo stadio, ad incalzare la madre. Il seguito della storia ? imperniata sul tentativo di addomesticare Carol ai pregiuizi comuni. Ma il ricordo tormenta anche in tenera et?: "si comporta cos? male fuori per? mi ricordo com?era in chiesa e adesso ogni volta che la vedo mi viene da pensare. (?) mamma, io voglio dimenticare tutto (?) come Melanie. Perch? non ci riesco? Perch? ? cos? e perch? continua a importarmi?"

Nell?ultimo racconto la madre - moglie, all?ultimo stadio della vita, rifiuta con una volont? mai dimostrata in precedenza tutto ci? che la lega ai compiti materni e familiari.

"Basta. Adesso non c?erano pi? figli. Che fosse lui adesso a scervellarsi su come tirare avanti. Lei non avrebbe scambiato la sua solitudine con niente. Mai pi? costretta ad andare al ritmo degli altri." Il rancore esplode tra i due coniugi, ma non "sentiamo" mai un urlo nella storia, ma solo una frattura lunga tutta una vita. E? ancora lei a ricordare: "ora che ti fa comodo mi trovi un club del libro. E quaranta anni fa, quando i ragazzi erano piccini e c?era un club, sei rimasto una sola volta a casa con loro in modo che io ci potessi andare?". Poi, quando i figli se la dividono durante la fase terminale della malattia il rifiuto si fa pi? aspro e si "accucciava nell?armadio delle bambine, sul ripiano pi? basso dove stavano le scarpe, coperta dai loro vestiti." E all?ultima visita, sul letto di morte, sar? Clara, la figlia maggiore, a presentarle il conto per riprendersi ci? che mai ha avuto e che non potr? pi? rincorrere.

Pare proprio di ascoltare quattro pezzi di quel blues ?sporco? che fanno vibrare qualcosa all?altezza del cuore e non finiscono sulla nota che ci aspettiamo, ma su quella vicino che quasi la richiama ma non ? la stessa che il nostro orecchio ? troppo abituato ad ascoltare. Per questo ci permettiamo di chiedere a Giano Editore ? che ha gi? dimostrato attenzione nella scelta di buona parte della sua pubblicazione ? di proseguire con la traduzione dei libri di Tillie Olsen.

Marco Radessi