Le recensioni
MAEVE BRENNAN
Il principio dell'amore
Rizzoli - 9.80 euro
Una proposta (semiseria). Leggere questo testo tra coppie in aria di matrimonio o convivenza: magari organizzare un reading, guidati ( assolutamente !!!) da uno specialista. Sì, perchè in queste storie Maeve Brennan racconta la parte più nascosta delle incomprensioni tra i coniugi; del luogo dove nasce l’indifferenza, delle sue prime cellule e la loro costante duplicazione, fino a convivere con quell’animale domestico chiamato solitudine.
Apparentemente non accade nulla. Non plateali scenate, violenze o pacchianerie narrative. Il silenzio domina la vita dei coniugi: è la potenza narrativa profusa da questa grande scrittrice ad indagare, smontare la complessa architettura che sorregge lo sgarbo, il piccolo (?) inganno. E’ come se una mutazione genetica, un’anomalia nella riproduzione cellulare, consentisse al ‘giurato eterno amore’ tra i protagonisti, di rendersi irriconoscibile con il trascorrere del tempo, e farsi accettare con una reciproca mansuetudine che è – questa sì, sulla pagina (solo?) – di una violenza soffocante.
I tre racconti d’apertura sono la storia di Rose e Hubert. Una libera scelta è una festa danzante nella lussuosa magione dei proprietari della ditta in cui ha lavorato il padre di lei. Rose è la ventenne combattuta nella scelta del corteggiatore. Jim, rampollo adocchiato da tutto il popolo femminile del quartiere, chiedendole di ballare la lascia in uno stato di costante stupore. E’ un felice tratto del racconto – non privo di una buona dose di crudeltà – quello che trasporta Rose alla fine della danza con Jim e dei suoi sogni, e la lascia sull’orlo del dubbio: trovarsi un posto lontano dal centro dell’attenzione, o agganciarsi al tranquillo Hubert Derdon, che quando l’accompagnava a casa, lei aveva quell’espressione… di “indifferenza e assoluta crudeltà” verso uno sconosciuto che tale sarebbe rimasto per sempre; però è lui a condurla in quella stanza della musica che Rose non riesce a trovare nella grande casa della festa: “vieni Rose…mento in fuori e camminiamo insieme. Se non stiamo attenti uno di questi matti ci calpesta”. (E’ forse a questo punto che si ‘concepisce’ quella cellula dell’indifferenza, l’accettazione mansueta del futuro, insomma il principio dell’amore?)
In una ragazza rischia di rovinarsi il futuro ritroviamo la stessa coppia, dopo oltre trent’anni di vita insieme, nel giorno in cui Rose si reca a messa per commemorare l’anniversario della morte del padre avvenuta due giorni prima del decimo compleanno di lei. Hubert rimane solo in camera. In punta di penna, Brennan innesta su questo scenario apparentemente inoffensivo, un impiccio tra i due per raccontare la solitudine di ciascuno: lui non vuole darle la soddisfazione di farsi vedere solo al tavolo della colazione, lei con un escamotage lo sorprende ed “ecco cos’era accaduto…ciascuno dei due aveva cercato d’imbrogliare l’altro e aveva vinto lei”. Dal ‘senso di incompiuto’ lasciato dalla morte del padre nella vita di Rose, si snoda la storia della dissoluzione della vita di coppia e la conseguente, rassegnata ma non sopita, convivenza. I due resteranno divisi per tutto il giorno, ripensando le scene che hanno segnato il loro ‘matrimonio’. L’autrice, senza cedere a nessun atto umanitario, ritaglia gli affronti, gli imbrogli, i minimi sgarbi (e non solo), li colloca sul continuum della vita, come la punta del disamore cui sottende una più grave prigionia dei sentimenti.
L’Annegato è la resa dei conti. Spetta al coniuge sopravvissuto trovare il coraggio di aprire la porta della camera di Rose. Di forte impatto emotivo sono le pagine che preparano il momento in cui “girò la maniglia, aprì la porta…”. Si ansima per la tensione vissuta da Hubert che vorrebbe ricordare Rose in modo diverso, magari sentirne la mancanza. Invece “non c’era niente,… nemmeno un vuoto percettibile” e non lasciandogli niente, ora lui “piangeva perché in realtà non provava alcun dolore per lei”.
La signora Bagot, invece, spera che la ricorrenza dell’anniversario di matrimonio, spezzi l’immobilità tra lei e il marito, ma un vaso di fiori si trasformerà nel contenitore degli incubi di Martin: “i giorni che sarebbero seguiti non avevano fine, stavano acquisendo potere. Non c’era alcun modo di uscire da quella casa, che ora sembrava contenesse tutto il suo futuro, oltre a buona parte del suo passato”. E’ un senso di impotenza che non lascia scampo. Turba a pensarlo sfuggire dalle pagine di questa signora della narrativa e scorrere come emoglobina tra le vite reali.
L’attesa per la visita di un vecchio vescovo missionario racconta, in Storie Africane, delle bimbe della signora Bagot che subiscono l’ansia materna per l’attesa del prelato: una su tutte la scena in cui Delia pettina le bimbe in camera da letto, fino all’arrivo del vescovo, in cui si scopre che l’ansia era legata al bisogno di farsi raccontare, tramite il vecchio prete, del passato, un particolare di suo papà , mancato con lei ancora troppo piccola, quasi a voler risistemare i ricordi che stavano soffocando nel presente.
L’ultimo racconto che è anche il titolo del libro è quello più prezioso. La forza di Maeve Brennan nel tenere le redini della scrittura, la colloca tra le più quotate scrittrici mondiali. Min, anziana gemella di Martin, è l’unica sopravvissuta della famiglia. E’ suo il compito di sedersi nella casa, circondata da oggetti di Delia e Martin e raccontare loro due e sé stessa. Min si pensa l’unica della famiglia degna di essere rimasta in vita su tutti gli altri, perché unica a non essersene mai andata per sposarsi. L’imponente lavoro sulla scrittura compiuto da Maeve Brennan, è dedicato alla meticolosa attenzione alla memoria di Min, a studiare gli stacchi giusti per tornare nella sala e poi reimmergersi nel suo cervello – è questo che rende ‘immortale’ il racconto – e trovare una risposta al tradimento del fratello che ha deciso di sposare Delia:… la loro madre “aveva in mente… una fortezza… dove avrebbero potuto spalleggiarsi in privato. Ma quando Delia Kelly era entrata nelle loro vite… ci ha fatto a pezzi.” La vita di Min non sarà felice dopo il matrimonio di Martin: “osservava la gente calcolando non ciò che poteva ottenere da loro, ma ciò che loro avrebbero potuto sottrarle se solo lei gliel’avrebbe permesso”
Maeve Brennan non dà risposte o soluzioni, perché non ce ne sono. E poi non credo sia il compito della grande narrativa.
E’ come se tutti questi personaggi e queste vite non riuscissero a raccogliere il pretesto, l’occasione per emergere dalla noia e dalla consuetudine, abortire la cellula dell’indifferenza che stimola la percezione del compagno/a ‘come un ingombro’. Una scusa raggelante è offerta da Long-Winded lady, uno dei personaggi di Maeve Brennan che dà il titolo all’omonimo volume: “l’impulso verso il bene implica la scelta ed è complicato, mentre l’impulso verso il male è odiosamente semplice e facile”.
(Il terapeuta è pronto a raccogliere le domande delle coppie.) Questo sito, molto più modestamente, ad arricchirsi con sensazioni, pareri, opinioni, punti di vista su questo grande pezzo di letteratura narrativa.
Marco Radessi