Le recensioni

ERRI DE LUCA

IN NOME DELLA MADRE

FELTRINELLI ED. -  Pag. 79 - Euro 7.50 -

 ‘Qui s’ingrandiscono dettagli per tentare una vicinanza’, scrive Erri De Luca nella premessa a questa breve e importante storia d’amore tra Miriam la madre e il figlio Ieshu ancora in grembo; e quel ‘tentare’ chiarisce la forza della persona con cui si confronta l’autore; sottolinea il ‘limite’ dentro il quale osa la scrittura e la storia – raccontare il parto di una ragazza sola, le sue sensazioni in quel momento. De Luca, con la sua forza nell’usare le parole, non incrina quel momento, ma grazie ai dettagli precedenti  permette al lettore di accompagnare Miriam fino alla sua ‘notte unica nel mondo’. 

Miriam/Maria racconta in prima persona la sua vita nei nove mesi in cui si è tenuta dentro Ieshu/Gesù. E lo fa da giovane donna che si prepara a diventare mamma.

Ci sono alcune faccende che ha urgenza di sistemare. Placare quell’ansia iniziale che si respira nel primo capoverso, causata dall’annuncio di essere incinta e nelleo stesso tempo promessa sposa a Iosef: “Glielo dissi il giorno stesso. Non potevo stare una notte con il segreto”. Trovare le parole per informare il buon fidanzato di cosa è successo quel mattino, mentre lui era in falegnameria; dirgli di quel fatto del vento che quando tutto sarà compiuto, storia, arte e dottrina cercheranno di rappresentare, ma che lei, Miriam, ha vissuto come una pressione, un’aritmia imposta che ha spaventato la sua persona e il suo cuore palpitante di donna innamorata: “prima che potessi gridare, chiamare aiuto contro lo sconosciuto penetrato nella stanza, quelle parole mi hanno tenuto ferma” (p16).

 Iosef, il compagno promesso, è uomo legato alle leggi, alle tradizioni, tutto preso dal cercare le parole per  giustificarsi di fronte all’assemblea, evitare la lapidazione di Miriam/Maria ‘incinta di un angelo in avvento’:  “Che cos’altro ha detto, Miriam? Ti prego sforza la memoria è accaduto solo poche ore fa” (p.18). Miriam ascolta le preoccupazione di Iosef, le trova superflue: “mi sforzavo di ricordare qualcosa per consolarlo” (p.19).  Da queste parole in poi realizza di avere un compito tutto suo: ‘inauguare la vita’, la mette in quella condizione speciale di quiete necessaria  per disporre, lei sola, il grado d’importanza nei fatti della sua esistenza: ‘quello che facevano gli uomini con le loro parole, attaccati alle loro formule come chiodi nel legno: non m’importava” (p.23).

 “ ‘Miriam, sai cos’è la grazia?’ le chiede Iosef, e dice ‘non è un’andatura attraente…è la forza sovrumana di affrontare il mondo da soli…sfidarlo a duello tutto intero senza neanche spettinarsi. E’ un dono e tu l’hai avuto’ ” (pg 36). Questa Miriam che si racconta è lontana da tutti quei dipinti nelle chiese, ripetuti nelle immagini devote che la presentano con lo sguardo docile, delicata come una composizione di zucchero filato che remissiva e silenziosa aspettava il suo tempo nella casa in Galilea. La donna che avrebbe partorito il figlio di Dio non può certo stare diafana in equilibrio su una nuvoletta, ma ruvide quotidianità l’hanno resa donna speciale, prescelta. De Luca la trasforma in segno di rottura con i riti, le leggi, le usanze.

Affronta a viso aperto la cattiveria dei cittadini di Nazareth che la incontrano per strada e sputano dietro il suo passaggio, compie azioni inusuali per le donne di quel popolo: “espongo il corpo al sole sul tetto…così attraverso di me arriva luce a lui. Gliela racconto (p.31). Predispone con Iosef  il loro matrimonio, superando non senza ostacoli le consuetudini un po’ burine relative al diritto di rivalsa dell’uomo, davanti al tribunale, in caso di dubbi sulla verginità della sposa; cominciano i primi dialoghi col frutto del suo ventre; e nel salutare la mamma prima di partire per Betlemme, la rassicura; con la battuta “Basterò a me stessa, madre mia”, anticipa al lettore la solitudine e la padronanza in cui avverrà il parto, raccontato con potenza narrativa da De Luca nell’ultima delle quattro stanze comunicanti in cui è diviso il racconto, forse quella più impegnativa  perché scritta da un uomo che si mette dal punto di vista della donna, ed intensa perché è il momento più specifico e intimo di Miriam.    

 La scrittura di De Luca avvolge il lettore, ha cura e rispetto del personaggio,  e se è vero che si sa poco delle madri dei grandi personaggi, qui si cerca di restituire a Miriam quella quotidianità che non poteva mancare, quei dettagli che la rendono più comprensibile e vicina pur nel suo mistero, così come hanno caratterizzato tutti gli altri personaggi del Vangelo; si racconta della forza di una ‘ragazza madre’ chiamata a darsi risposte su una forma di concepimento ‘inaudita’ e sconosciuta che l’ha spaventata. Questi dubbi non possono non aver assalito Miriam nei nove mesi di gravidanza, e quando Iosef le domanda: “Com’è Miriam…contenere un figlio dentro il corpo?”, lei risponde “senza conoscere uomo, che donna sono io? Sono il suo recipiente” (p.55). Miriam, qualche istante prima dei dolori, mentre si sistema da sola nella stalla, ragiona intorno all’unicità e immensità dell’abbraccio dell’uomo che trasforma la vergine in donna, a come questo piacere le sia stato negato: “anziché i baci di Iosef sugli occhi, un lancio di parole nelle orecchie” (p.59). Ma subito il breve rimpianto lascia il posto alle parole che raccontano il parto, legame privilegiato tra madre e neonato in quella stalla, con Iosef fuori a guardare le stelle, e l’invocazione materna che intravede il futuro dolore: “Fa che questo brivido salito sulla mia schiena, questo freddo venuto dal futuro sia lontano da lui (p.71) richiama quella di suo figlio  Ieshu trentatre anni più tardi: “padre allontana da me questo calice, ma sia fatta la tua volontà e non la mia”.

  Marco Radessi

 P.S. Un sottile ago d’orgoglio ha punto il Macinapepe: la vigilia di Natale ho brindato con i due bravi librai perché questo libro di De Luca è finito in testa alle vendite della libreria di quest’ultimo periodo. E’ come una bolla d’ossigeno tra le sabbie mobili di copertine tutte uguali, impilate a torre nei vari megastore del libro. Che ci siano anche degli attenti e consapevoli lettori nascosti? Questo sito è sempre una pagina bianca per tutti. Buon anno.