Le recensioni

ALICE MUNRO

NEMICO AMICO AMANTE

EINAUDI Ed. - 315 pagg. - 11.50 Euro

 Alice Munro raccoglie l’aritmia innocente e fastidiosa della vita sentimentale di coppie o ex che ‘scorre a memoria’,  come la  tranquilla superficie d’acqua di un fiume sopra i detriti; la dilata per mostrarcela in tutto il suo dipanarsi;  incide l’attimo in cui questa si genera e da lì diventa la sua storia: “…e vidi un uomo in piedi davanti al tavolo di lavoro, intento a prepararsi un tramezzino al ketc-up.” (pg.153). I suoi racconti non accarezzano, compiacendoli, i nostri neuroni senza lasciare traccia, ma li scartavetrano un poco, sollevano un velo d’inquietudine. Durante la lettura, è preferibile eludere la possibilità di impiantarsi, sollevando il capo, su foto di momenti comunque essenziali,  in cui la vita si è installata sulla solida monorotaia, priva di scambi, dei sentimenti.

I personaggi sono intercettati dalla sua scrittura autorevole ‘nel mezzo di cammin di loro vita’, quando le difese immunitarie sono basse perché tutte le energie sono concentrate a sopportare un evento drammatico come la morte del coniuge (Conforto) o il progressivo scivolamento verso la distrazione mentale della compagna di una vita (The bear came over the mountain); mentre tentano di rifarsi un esistenza a seguito della separazione (Ortiche) ; immediatamente dopo la visita dall’oncologo (Il ponte galleggiante); oppure descritti nel loro perseverare, ignari, nell’inganno (Nemico, amico, amante ). 

 L’inganno e la menzogna sono quasi un obbligo per sopravvivere. Ma qual è il  punto estremo a cui Munro spinge le sue creature ad accettare o rifiutare il patto col diavolo. Per svelarcelo, va oltre il pudore della buona educazione che nella vita reale impone di zittirci:  è a dir poco esemplare la chiusa al dialogo tra Jinny malata di cancro e Matt un loro conoscente, in cui la malata, così interpreta su stessa il cauto ottimismo dell’oncologo: “quello che le aveva detto(…) eliminava una certa soglia di libertà (…) Una sottile membrana protettiva della cui esistenza non si era accorta fino a quando non gliel’avevano sottratta lasciandola nuda. (pg.75). Forse uno dei tratti più controversi che ci fa dire: ‘come si permette, questa Munro”, che maggiormente stride, ma solo con la richiesta – spero improbabile – di scene narrative consolatorie.

 Ma qual è l’inganno? Vivere lo ‘spazio altro’  come una fuga, un sollievo momentaneo dall’insofferenza quotidiana e alla fine dire: “Sarebbe la stessa cosa se ci incontrassimo ancora. Oppure no. Un amore non utilizzabile (…) (qualcuno lo definirebbe non vero, perché non rischierebbe mai (…) di consumarsi penosamente)” (pg.182), come succede alla protagonista di ‘Ortiche’ dopo aver incontrato Mike, il suo compagno d’infanzia; oppure perseverare, starci dentro senza neppure provare un colpo di reni, come capita a Johanna nel primo racconto, in cui il diabolico giochetto delle lettere escogitato da Edith e Sabitha  la trascina in una penosa storia di convivenza, la cui giustificazione è data dalla stessa Edith: “non domandare, a noi non è dato sapere …che cosa il destino abbia in serbo per me, che cosa per te…”(pg 53).

 Il risultato, non molto distante dal reale, è la consapevole rassegnazione ad accettare il fallimento – che nella vita vera pochi chiameranno così a voce alta – riconoscendolo come giusto e doveroso patteggiamento con il ‘destino’; più o meno come  Lorna: “La cosa più sensata era che l’impegno da rispettare consistesse nel continuare a vivere come era sempre vissuta. Il patteggiamento era già in atto. (…) Mai (…) fino a quel preciso momento Lorna aveva visto con altrettanta chiarezza di aver sempre contato sulla possibilità che (…) qualcosa (…) cambiasse la sua vita. Aveva accolto il proprio matrimonio come un grosso cambiamento (…) doveva essere quella la felicità di cui accontentarsi” (pg.212). Siamo nel cuore dell’inganno.  

             Lo scenario in cui queste trame si svolgono è il Canada, terra natale di Alice Munro.

La descrizione puntigliosa dell’ambiente rende inseparabile questo territorio dall’autrice quanto le vicende dai suoi personaggi.                  

Lontano dalle megalopoli che nell’immaginario mediatico ci restituiscono uno stato nel quale tutto è collaudato, i paesaggi sono rurali, rappresentati con grande forza e semplicità: “Nella casa di campagna dove sono cresciuta, d’estate si prosciugavano i pozzi(…) il nostro era più profondo della media, ma ci serviva una buona riserva d’acqua per gli animali – mio padre allevava volpi argentate e visoni – (…) (pg152)   Gli abitanti sono attratti dal blasone della metropoli: “(…) vanno in città, ecco dove vanno.(…) non trovano né miglior qualità, né più assortimento (…) E’ solo che si vergognano di dire che hanno comprato il vestito da sposa in paese.” (pg 12) si lamenta la commerciante. Le relazioni sociali non sono quelle riferite dai media che prendono il Canada come modello di integrazione ( in parte riuscita): “ ‘Da queste parti l’ambiente è molto chiuso, secondo me. Lei non è di qui vero?’. ‘No’ disse Johanna. ‘Non li trova chiusi anche lei?’ Chiusi.” (pg12-13).  

            Ricorda un poco la faccia sconosciuta dell’America raccontata da Pancake, di cui si è scritto tempo fa in queste pagine.

             Una paio di curiosità: alla fine del libro è interessante isolare in ogni racconto le battute o i tratti iniziali in cui i personaggi si concedono o si sottraggono all’inganno per capire come fa questa signora della scrittura a tenere in scacco loro e i lettori; e poi rileggere di seguito solo i finali: quasi tutti riportano la vita dei protagonisti da capo lasciando a loro stessi l’illusione che forse proveranno ancora quel senso di capogiro.

      L’intreccio non scade mai nel volgare e la capacità di escogitare punti di vista per nulla scontati ed una ‘sobria ricchezza’ nella scrittura, permettono a noi di meravigliarci, aggiungendo valore al nostro pensiero e linguaggio: credo siano i compiti precipui di un grande narratore.

Alice Munro ci lascia per un istante in quel respiro un po’ fuori tempo che si prova quando nel punto più irraggiungibile della nostra visuale cogliamo un’entità, qualcosa tra il riconoscimento e il ricordo, che prima di scivolare sui nostri neuroni ci permette di osservarla con un’occhiata simile a quella del soggetto sulla copertina di questo libro, anche se un po’ più panoramica per non farci sbugiardare: in noi rimarranno “certi segni leggeri che a volte si notano sui marciapiedi in primavera: ombre rimaste incollate per terra l’anno precedente” (pg.189).

 

Marco Radessi

 Di Alice Munro, oltre a questo:

 Il Sogno di mia Madre – Einaudi

In fuga  -   Einaudi

Il percorso dell’amore – Einaudi (già edito nell’89 da Serra e Riva)

La danza delle ombre felici – La tartaruga

Stringimi forte, non lasciarmi andare – La tartaruga

Segreti svelati – La tartaruga