Le recensioni

MASSIMO LOLLI

IL LUNEDI ARRIVA SEMPRE DI DOMENICA POMERIGGIO

Mondadori pag. 198-18 euro

Andrea Bonin, laureato in filosofia, è l’ex direttore generale della Tessuti Brustolon (padre): ‘…sono entrato da Brustolon e ho fatto tutta la mia carriera lì. Ventitrè anni, cominciando da operaio fino a direttore generale…’, racconta di sé durante il colloquio di lavoro presso una multinazionale. Discorsi relativi ad un altro modo di lavorare.

    Senza lavoro, cambiano i suoi giorni. Ha diviso le sue esperienze in prima e dopo la disgrazia. Bonin non è un ‘poveraccio’ che deve presentarsi alla Caritas per mangiare, o passare le forche caudine alle casse dei supermercati, presentando la social card non attivata. Il suo tenore di vita è borghese nelle abitudini, gli rimane una riserva accumulata e l’avvenenza fisica.. Lo incontriamo in un dancing in compagnia di una signora di età più avanzata della sua, da cui rimedia una mediocre soddisfazione, a causa della ‘cessata disponibilità di amiche compiacenti’. Si auto espelle dal consesso sociale cui prima apparteneva perché a Vicenza (e non solo) ‘…i gruppi si formano in base ai soldi e al successo nella professione…’

    Non solo sparisce nella sua città. Impara a mentire, simulare: ‘…perché la mia paura era che loro sapessero…’ e poco dopo ‘…che tutti sapessero di me laddove io mi illudevo che nessuno sapesse…’. Ai vicini di casa e conoscenti che incrocia e persino a sua madre racconta di occuparsi di consulenza per un fondo di private equity. Invece si reca nel cimitero acattolico dove è sicuro di non essere visto e può telefonare per colloqui di lavoro nei quali impara che bisogna stare al gioco, recitare come anche dall’altra parte il direttore del personale. Si ripete questa finzione che permette al mondo di pochi fortunati  - ‘questi ce l’hanno fatta si sono salvati’  - di salvaguardare il loro galleggiamento e illudere gli altri – quelli fuori che possono rientrare nel girone dei lavoratori se rispettano determinati ‘steps’ obbligatori e da compiersi in sequenza. Pare quasi che chi lavora appartiene ad una casta che esclude chi è di segno contrario. Pagine esilaranti con la scrittura di Lolli, ci raccontano il periglioso muoversi tra telefonate e calcolo delle probabilità per ottenere un colloquio e forse un lavoro, senza tralasciare la pantomima della recita simulata con la selezionatrice dottoressa Bonotto.

Andrea Bonin è solo, alla ricerca del lavoro, sa di dover trovare dentro di sè la spinta per proseguire  perché ‘non si può vivere senza la speranza di un riscatto. Non posso vivere se non penso di poter trovare un lavoro’ . Ha di fronte un mondo del lavoro, un tessuto sociale ed uno stato a pezzi. Sprovvisti di anticorpi, mediocri nel porre rimedi di fronte ad un cambiamento epocale. E’ una società – quella in cui vive il Bonin disoccupato – impreparata a modificarsi nel modo di pensare e progettare il lavoro (e il suo indotto) che non è più come vent’anni fa. Non esiste più ‘quel’ lavoro (che somigliava di più a un progetto, con i suoi inganni), come non esiste più la macchina Olivetti 32, il sistema 386 e la benzina rossa. Gli archivi cartacei che occupavano parietali che riempivano stanze, oggi si racchiudono in chiavette usb che costano un centinaio di euro con le quali gestire un’azienda.
Anche la figura del lavoratore è cambiata: manipolabile come gomma, duttile come vetro, sola e silenziosa come una stanza vuota. E’ a questo ‘step’ che Andrea Bonin è rimasto ai tempi di Brustolon ‘padre’ e gli rimane come obiettivo il trasferimento in Cina…

Il romanzo corre, gli episodi accattivanti che segnano le giornate di Andrea Bonin, ci spingono a proseguire la lettura, senza mai perdere di vista la spinta iniziale di questa storia, il progetto. Lolli ha centrato l’obiettivo, perché entra a piedi uniti nell’aspetto più intimo della sofferenza di chi si ritrova senza lavoro. Siamo invitati a saltare insieme nella storia, grazie ai suoi toni per nulla autocommiserativi, che non nascondono la solitudine in cui è immerso il protagonista.