Le recensioni

VALERIA PARRELLA

LO SPAZIO BIANCO

Einaudi - pp 112 - 14.80 Euro

 Maria ha partorito Irene quando ‘nessuno se l’aspettava più’, a quarantadue anni. Nemmeno il padre, passato nella sua vita recitando frasi molto belle e sparito ‘piccolo uomo come era venuto’. Una complicazione obbliga la neonata nell’incubatrice in terapia intensiva e condiziona il legame privilegiato madre-figlia: è la forza motrice dell’intensità per questo importante lavoro di Valeria Parrella.

 Maria è sola al centro di questa vicenda. Alterna le visite all’ospedale con la sua vita d’insegnante di lettere alle centocinquanta ore in una scuola di Napoli.

Lo spazio bianco è quello rappresentato all’inizio del libro (ma non solo): si prende il tempo del viaggio in metropolitana tra casa e l’ospedale. Maria ha l’urgenza di riempirlo e lo fa leggendo saggistica perché ‘non avevo altro se non la mia testa’. La testa si perde: ‘il fatto è che mia figlia Irene stava morendo, o stava nascendo, non ho capito bene’.

Questa storia spariglia le certezze e le conquiste di Maria  consolidate negli anni di studio: ‘tutto quello che dovevo fare ora era smettere di credere al nesso causa – effetto’. Galleggiano i ricordi e i sensi di colpa inutili. Maria rivisita gli anni della sua giovinezza e adolescenza, ricorda i suoi genitori, la sua origine popolare e quel bisogno di crescere culturalmente che l’ha tenuta sempre con la schiena dritta: ‘perché a vedermi da fuori io lo sentivo di essere la prima persona della famiglia che non avrebbe avuto le braccia corrose dal succo di pomodoro… perché questo fosse possibile qualcun altro era rimasto a fare gli straordinari per cinquecento lire all’ora’. Grazie alla forza della scrittura, in ogni riga si condivide uno stato in cui è tutto sospeso. Come un respiro senza soluzione, immobile nella nostra gabbia toracica. Maria intreccia rapporti con le altre mamme nella corsia del reparto e insieme partecipano la stessa apprensione: tutte legate da un’esistenza che sta al passo col pigolio dei monitor e dita intrecciate per veder trascorrere le ore  di ventiquattro in ventiquattro e poter dire un mattino di avere più culo di altre mamme che il piccolo manco l’hanno visto ma si sono dovute accontentare dell’ecografia.

Quest’ansia è condivisa dal collega Fabrizio e gli allievi della classe. E’ apprezzabile l’attento lavoro di Parrella nella costruzione di scene attorno a queste figure, per rappresentare l’unica fonte di calore umano e protezione (oltre ad alcuni pregevoli episodi della sua esistenza con i genitori) che Maria ammette nella sua esistenza. Tratterà col ‘distacco che non era una cosa brutta, anzi era straordinaria: era solo che tutte le cose mi sembravano… molto meno serie di prima’ il bel dottorino con cui condivide qualche canna.

Maria è una donna sola e ribelle. E’ impensabile per lei accettare che la medicina mostri segni di debolezza e manchi di risposte. ‘Aspettare’ è segno d’impotenza. Rifiuta questa risposta dei medici, ma è senza alternativa per tutti i quaranta giorni in cui ‘qualcuno aveva lanciato una monetina in aria’ e questa sarebbe caduta alla fine su una delle due facce ‘morendo-nascendo’.

 

L’altro spazio bianco. ‘E poi c’era un led che lampeggiava nero su uno sfondo chiaro, e che sembrava il trattino di Word sullo schermo del computer. All’inizio della pagina, quando stai aspettando di scrivere il primo verbo: e quello era il cuore che batteva’. E’ Maria di fronte al monitor cui è attaccata la sua piccola. Ma la similitudine (se non mi sto allargando troppo) è invitante. E’ lo scrittore di narrativa in quella zona incerta (l’altro spazio bianco), smilitarizzata in cui ‘aspetta’ che si faccia il tempo giusto, anche se vorrebbe avere già tutto tra le dita. Aspetta che l’idea magari arrivata ‘per caso’, si cali in un progetto e poi che il progetto diventi storia. Ci lavora su quest’attesa e tante prove saranno inutili. Dopo i ‘quaranta giorni’ il trattino di word si muove. Il verbo è l’azione, il muro portante dell’opera,  sarà il cuore pulsante dentro la storia e la storia prenderà l’abbrivio. Ma può anche accadere che la monetina cada sul cotè ‘morendo’ e allora bisogna ricominciare.   

 


Marco Radessi