Le recensioni

DAI PRA' SILVIA

BAMBINA FELICE

Gremese ediz, pp. 201, 12 Euro.

 Elena Del Sarto vive a Massa con le due figlie Giulia e Simona. Per la precisione a Cambogia Nera, un quartiere periferico con le case tutte gialle (da qui il nome) e di notte è tutto nero con i lampioni che ‘se il comune prova, a mettere le luci… ci pensa subito qualcuno a romperle di notte con le sassate…’. Elena è figlia del dentista più stimato della città di Parma dove ha vissuto fino ad un  anno prima dell’inizio di questa storia, condividendo gli agi della città - bene e della sontuosa villa di famiglia con giardino che giunge fino al ruscello. Artefice del trasferimento (apparentemente senza spiegazioni) è suo marito Giuliano – ex di Lotta Continua, ora  ‘rivoluzionario fuori tempo  massimo’ – unico a difendere questo posto brutto, misero e cafone per tutti i famigliari. Solo che le ha mollate per vedere il mondo e raccontarlo: uscirà il libro sul suo viaggio in Etiopia e articoli sui giornali.

                      Queste ‘tre donne sole’ sono ‘irrimediabilmente’ squassate dall’uscita del maschio dal nucleo familiare. La scrittura scarna e i toni sobri anche nei momenti più gravi (che non mancano) raccontano gli effetti di questo squasso.

 Simona, la figlia minore,  una bambina che la storia accompagna allo sbocciare dell’adolescenza, è divisa e confusa tra servire messa, la rockstar Madonna, il bambolotto Ken che assumerà diverse forme man mano che la piccola cresce. Indifesa dalla madre, altrettanto sola e smarrita, si impregna di Cambogia Nera, assimila tutta la desolazione che può offrire. Coinvolgenti e ben scritte le pagine che la vedono protagonista con l’amico Fabio, onnipresente vicino di casa, delle prime malefatte  come il furto della Madonna fosforescente piazzata all’ingresso del cinema porno Superlux, o il motorino rubato alla  Miriam che fa la cassiera. Simona, per distrarla durante il furto scopre la presenza di Lori, la figlia mongoloide che compare da una porta ‘vecchia e scrostata’. Questa scena è preziosa alla storia perché mette a nudo l’artefatto cinismo di Simona; dal punto di vista della scrittura scopre la forza dell’autrice nel cambiare atmosfera in poco spazio. Inatteso e toccante anche il gioco-sfida contro Fabio, cui la obbliga Lara, precoce compagna di classe: gioco che segnerà per sempre il rapporto tra i due.

             Giulia occupa l’altro segmento d’età in questo romanzo. Già adolescente, con lei bisogna essere buoni perché ‘ha sofferto tanto per l’abbandono del padre’. E’ alla ricerca di solidità sentimentali e culturali diverse da quelli offerti da Cambogia Nera. Ancora segnata dall’impronta lasciata da Giuliano - ‘dai, fallo per me’ che la persuadeva, - vive con sofferenza ogni legame famigliare e amicale: dopo lo scambio di battute sulla spiaggia tra lei, l’amica Michela e Luca, sul suo diario  scrive di getto: ‘tutti mi amano. Luca mi disprezza. Tutti mi amano perché sono io. Luca mi disprezza perché sono io. Luca mi disprezza perché tutti mi amano?  Rilesse tutto e fece un sospiro. Mica ci capiva niente. Allora cancellò e scrisse a lato: Cafone. Massese. Figlio di un carrozziere. Ma poi cancello anche quello. Non le piaceva avere pensieri del genere. Sapeva che essere bella, non bella, ma la più bella non è solo una questione di aspetto fisico: è una questione di aura’. Entra ed esce da una crisi anoressica  e poi  bulimica che si scontrano con le nevrosi materne. L’insicurezza la porta a legarsi con ragazzi che accentuano le sue paure invece che rassicurarla: Marcello che l’aspetta sottocasa: “…si era assopito, la bocca aperta e la testa abbandonata sul sedile della Golf…”. Giulia resta congelata nello stadio di ragazza che non riesce a diventare donna ‘che a quattordici anni sapeva già bene cosa vuol dire tramonto.”

             Elena, l’età più matura. Dov’è quella Elena che doveva sentirsi libera, leggera dopo la separazione? Una vita condivisa con tre colleghe che la spronano a non restare senza un uomo accanto, la rassicurano in maniera approssimativa, ‘perché solo un compagno può dirti ci sono io in modo totale.’ Lei che ha vissuto negli agi, scopre cosa vuol dire avere due lavori per pagare le spese. Il fantasma di Giuliano torna come colui che ‘l’ha ingravidata due volte,… costretta ad una vita da casa,… non mi hai sostenuta nel finire l’Universita’…”. Ma dentro Elena c’è anche l’altro Giuliano: ‘si conoscono, si riconoscono, si amano… due adolescenti che scappano dai loro disastri familiari.’ Ma soprattutto i ‘Giganti’ comandano su Elena. Sua madre, Giuliano stesso, la defunta amica Lisa la cui foto sta sul comodino, l’attuale e fugace Pierpaolo, tutte persone che ‘avevano capito che Elena del Sarto era una donna senza personalità, una che volta per volta diventava quello che voleva il Gigante di turno’. Così le sfuggono le figlie che lei accusa essere state motivo di una vita sacrificata e si riscopre incapace a riconoscere la parte migliore di sé.

            Giuliano, il ‘Re ferito’ vive a Roma e riserverà non poche sorprese nel finale. Nella storia la sua presenza ricorre a tempo, come quel riff in un giro di blues che rende il pezzo inconfondibile. E’ reso necessario il peso della sua assenza. Giulia al ritorno dal mare ricorda: ‘aprì la porta dell’ingresso e si trovò di fronte quella del salotto, socchiusa, come un tempo. Quando era un segnale segreto tra loro due. E Giulia spingeva appena la porta per vedere suo padre chinato su un libro. E lui alzava la testa e sorrideva. Senza nessuna sorpresa. Come se, per tutto il pomeriggio non avesse fatto altro che aspettare lei…. Suo padre avrebbe iniziato a parlare. E lei ad ascoltare. E più ascoltava e più imparava. Più imparava e più diventava perfetta.’.  L’autrice rimette in equilibrio le parti ed evita di nascondere la polvere sotto il tappeto scaricando tutte le colpe su di lui: ‘Allora arrivava subito sua madre. Quando si trattava di spalleggiare Simona, e urlare, litigare, insultare – e andarsene sbattendo la porta, mentre suo padre abbassava gli occhi sconfitto. E Giulia allungava la mano e gli stringeva forte il braccio…’

 Gli uomini di questo romanzo sono figure mediocri,  fisicamente e sentimentalmente, ‘dal fondo sporco’, timorosi o incapaci di accettare una situazione che li obbliga a modificare standard di vita legati a simboli convenzionali o abitudini da bradipo: ‘lui la bacia – lui sa di caramella, e cosa promette un odore di caramella?. E poi delusa, conclude: ‘forse non ci sono uomini e donne, forse bisogna desiderare solo qualcosa di limpido e pulito- come lei e Giuliano?, all’inizio?’.

La mano decisa di Silvia Dei Pra tratta i quattro personaggi in modo diverso a seconda dell’età e ruolo e ne rispetta i tempi. Con lo scorrere delle pagine si percepisce quel valore aggiunto al romanzo che lo arricchisce: la necessità di partecipare al racconto così come  dev’esserci stata la stessa urgenza a scriverlo, quasi non potesse più stare solo nella testa della scrittrice.

             Del finale non dico, ma lascia tutto sospeso. C’è un finale per Simona, per Giulia e per Elena. Giuliano pare in una nuvola.  Tentativi e timori di un replay. Il ritorno a Parma? E il futuro di Giulia?

 Giulia è nata che sua mamma aveva diciassette anni, ma crollati gli ideali di Giuliano, la coppia sembra non avere più riferimenti. Simona cresce sola ed è il risultato di questo vuoto. E’ la famiglia, a qualunque costo, che deve tirar dritto a discapito dei singoli? Oppure è un istituzione che non brilla di luce propria e si sostiene con gli ideali, i forti innesti legati alla religione o all’aiuto terapeutico? Il ruolo del maschio che se ne va è così ingombrante da non permettere ai famigliari di respirare? O forse: ‘non era lui che mancava a Simona, era come se se ne fossero andati via tutti.’ L’amore appartiene al mito ed esiste tra le pagine della letteratura. Nella coppia (con figli come nel caso della storia) si vive se c’è una buona capacità di relazione e mediazione. Alcune unioni funzionano a meraviglia per un caso di affinità elettive invidiabile agli occhi di chi osserva.

            Sarebbe interessante condividere diverse opinioni in proposito su questo sito, sempre aperto a  confronti.

 

Marco Radessi